N. 22 Luglio - Agosto 2012

 

 

 

 

 

Compra Cartaceo/PDF del n.22

Compra solo PDF del n.22

 

 

 

 

L’EDITORIALE

 

RIPARTIRE DAL SALARIO PER RI-ROVESCIARE IL CONFLITTO DI CLASSE

Di fronte alla devastante divaricazione tra ricchi e poveri, tra lavoratori e proprietari, occorre dare corpo a un grande obiettivo di redistribuzione, parallelo alla patrimoniale. Un ‘vincolo interno’ da far crescere per una nuova politica economica e per nuovi rapporti di potere che abbia il salario come antica e nuova rivendicazione del conflitto di classe. Una questione rivendicativa generale e generalizzata, sociale ed economica. Un’idea del salario da affermare come una concezione della redistribuzione che va dal salario vero e proprio per gli occupati alla conquista del salario sociale per i non occupati, al salario minimo per tutti i precari e quale punto di forza per stanare il nero. La lotta per l’aumento dei salari e degli stipendi sarebbe il perno di questa nuova alleanza. Se un movimento prendesse corpo su queste basi, sarebbe già un primo superamento nella prassi di un’ormai logorata distinzione tra sociale e politico. Potrebbe essere l’inizio di un nuovo ciclo del conflitto di classe, certo non esauribile in una seppur gigantesca vertenza. Una vertenza politico-sociale che impressiona solo a pensarla. Eppure, sarebbe certo ben fondata sulla concreta realtà sociale del paese. Soltanto lavorare alla sua impostazione sarebbe già un re-inizio. Se ne può discutere?

FAUSTO BERTINOTTI

 

 

TEMI

 

IL ROVESCIAMENTO DEL CONFLITTO DI CLASSE

 

IL NUOVO CAPITALISMO E IL COLLASSO DELLO SCHEMA SOCIALDEMOCRATICO

Questo “nuovo mondo” capitalista, che è stato realizzato per via politica, può essere cambiato solo attraverso una coalizione sociale la cui soggettività è autonoma rispetto alla logica che vede la centralità negli interessi del mercato. Per la sinistra occorre, cioè, uscire dallo schema socialdemocratico; uno schema che è collassato assieme al suo fratello gemello: il socialismo dell’Est europeo.

FRANCESCO GARIBALDO

 

L’ERA MARCHIONNE. SE LA FABBRICA TORNA AD ESSERE UNA CASERMA

Parlare della condizione operaia è difficile. Lo è innanzitutto per i diretti interessati, le operaie e gli operai che, quando parlano del loro lavoro, usano termini sconosciuti all’interlocutore e quei termini, per quanto precisi, anzi proprio perché precisi, oscurano il significato che essi hanno per il corpo e per l’anima. Paradossalmente impediscono di arrivare al disagio o alla sofferenza.

RITANNA ARMENI

 

DISEGUAGLIANZE E CLASSI SOCIALI NELLA CRISI

La crisi in corso ha indotto un aggravarsi delle diseguaglianze sociali già in atto da anni. E più di recente, alla crisi, si sono aggiunte le operazioni devastanti di politica sociale e fiscale introdotte o non prese dal governo Monti. Tra quelle non prese va ricordata, ovviamente, la patrimoniale: imposta che avrebbe trovato d’accordo anche settori del capitalismo imprenditoriale.

ENRICO PUGLIESE

 

POLIARCHIA, IMPRESA, STATI, GLOBALITA’. L’ILLUSIONE DEMOCRATICA

Una delle strutture essenziali del “capitalismo globalizzato” è costituita dalle istituzioni finanziarie sovranazionali che esercitano un ruolo compulsivo diretto sui singoli stati, sottraendo a essi via via quote sempre crescenti di sovranità. E’ il tramonto delle funzioni sociali affollatesi nel XIX e XX secolo. E forse della stessa democrazia se essa, per il futuro, si immagina solo come parte della poliarchia.

GIULIO SAPELLI

 

LE RADICI DELLA CRISI SONO NELLA COSTITUZIONE NEOLIBERALE DELL’UE

Mentre la crisi si aggrava, sarebbe decisamente riduttivo darne la responsabilità unicamente alle istituzioni europee. Queste responsabilità sono molto gravi ed è probabile che gli storici futuri giudicheranno assai severamente questa inadeguatezza. Ma il problema è più di fondo e riguarda l’architettura istituzionale stessa dell’Ue. A cominciare dal ruolo attribuito alla Bce.

VLADIMIRO GIACCHE’

 

 

L’ARGOMENTO

 

LA CRESCITA NON E’ PIU’ L’OCCUPAZIONE

 

LA CRISI DISTRUGGE IL LAVORO, MA LA CRESCITA NON LO RESTITUISCE

Negli Usa, nonostante la “ripresina”, l’obiettivo dei 150mila nuovi occupati al mese promesso da Obama appare lontano. L’economia nordamericana, secondo l’Fmi, crescerà di circa il 2% nel biennio 2012-2013, tornando ai livelli pre crisi del 2007. Ma il dato sull’occupazione sarà comunque molto peggiore, segnando un marcato sganciamento dal suo rapporto con l’incremento del Pil.

ALFONSO GIANNI

 

LE DONNE E LA CRISI: UNA SPERANZA NEL BUIO

Sono le donne a pagare il prezzo più alto della crisi economica in atto e a subire con maggiore intensità gli effetti delle misure adottate dai governi europei per pareggiare i bilanci, ubbidendo al diktat delle grandi oligarchie finanziarie internazionali. E l’Italia, inoltre, dimostra anche la sua particolare attitudine nel differenziarsi al ribasso. Ma l’unico modo per non arrendersi è fare della crisi un’opportunità.

LINDA SANTILLI

 

CRISI ECONOMICA E CONFLITTO GENERAZIONALE

In Italia il tasso di disoccupazione giovanile ha raggiunto il 35,9%. Un vero e proprio disastro democratico e sociale, anche perché le persone fra i 15 e i 45 anni rappresentano il 33,4% della popolazione totale. Affermare che la nostra sia una generazione spazzata via non è più negabile e le ragioni ormai sembrano piuttosto evidenti. Il sistema delle garanzie è saltato.

ANTONIA TOMASSINI

 

GIOVANI E POLITICA DI CLASSE. UN CONFRONTO TRA USA ED EUROPA

Un piano del lavoro, per rivelarsi efficace anche per la crescita, esige una politica d’investimenti con effetti il più possibile immediati. Ma per dare un impulso all’occupazione giovanile è necessario predisporre anche un capitolo specifico di interventi. In altri termini, misure straordinarie che non solo nell’America del New Deal, ma che anche in Europa sono state adottate nelle fasi di difficoltà.

ANTONIO LETTIERI

 

OFFRIRE OPPORTUNITA’ LAVORATIVE CURANDO L’AMBIENTE

L’Italia può diventare un laboratorio sociale in cui sperimentare la creazione di nuovi posti di lavoro, in larga parte destinati a una funzione strategica decisiva per l’equilibrio ambientale. Anziché, cioè, mettere in piedi “grandi opere” occorrerebbe affrontare il grande problema territoriale della Penisola, tramite la riattivazione di un arcipelago di economie locali.

PIERO BEVILACQUA

 

LA PROPOSTA: CREARE DIRETTAMENTE UN MILIONE DI POSTI LAVORO

Occorre che lo Stato, attraverso un’Agenzia per il lavoro, operi come un datore di lavoro in ultima istanza, assumendo - su scala locale attraverso comuni, regioni, enti di volontariato - il maggior numero di persone. Per creare rapidamente occupazione, infatti, sgravi fiscali, investimenti in grandi opere e incentivi alle imprese perché assumano sono poco efficaci.

LUCIANO GALLINO

 

 

SAGGI

 

SUSSURRI E GRIDA NELLA POLITICA IN EUROPA

 

UN’EUROPA SENZA EUROPEI.ANALISI DEL VOTO

ROBERTO MUSACCHIO

 

TACITA ALLEANZA PARIGI-ATENE E VANTAGGI PER L’EUROPA

YANNIS VAROUFAKIS

 

CHI VOTA LE PEN? RADIOGRAFIA DELLA NUOVA DESTRA FRANCESE

MARCO ASSENNATO

 

IL FENOMENO DEI PIRATI TEDESCHI E LA LIQUID FEEDBACK

STEFANO BOCCONETTI

 

ALTERNATIVE SENZA SOCIALISMO: CULTURE POLITICHE DEI NUOVI CETI MEDI

MARIO SAI

 

 

DAL MONDO

 

ALTERNATIVE ALLA GLOBALIZZAZIONE: IL MOVIMENTO OCCUPY WALL STREET

BRUNO AMOROSO

 

IL MEDITERRANEO DOPO LE RIVOLTE DEL MONDO ARABO

FRANCO RIZZI

 

CRISI DELL’EURO, LA CINA PUNTA SUL MODELLO WENZHOU

FRANCESCO SISCI

 

 

APPROFONDIMENTI

 

ALCUNE RIFLESSIONI A PROPOSITODELLA MARX RENAISSANCE

ROBERTO FINESCHI

 

KARL MARX.DEAD OR ALIVE

DEVI SACCHETTO E MASSIMILIANO TOMBA

 

ONTOLOGIE “ECOLOGICHE” E SOFISTICATE

GIOVANNI IORIO GIANNOLI

 

 

RECENSIONI

 

BARTOLI, RAZZISTI PER LEGGE NON PER PAURA

FLORE MURARD-YOVANOVITCH

 

VENTURA, LA RADICE DELLA CRISI E’ CULTURALE

FLORE MURARD-YOVANOVITCH

 

MALCOLM X. TUTTE LE VERITA’ OLTRE LA LEGGENDA